Ponte o impianto, il dilemma.

Cos'è un ponte?

Un ponte, oltre ad essere un weekend lungo, è una struttura che permette di scavalcare un ostacolo ed è formato da pilastri che sostengono una travata.
Questo in edilizia, ma il ponte del dentista che cos'è e come funziona?

Per fare un parallelo: i pilastri del nostro ponte sono i denti rimasti e la travata è il dente o i denti che mancano. I denti per diventare pilastri devono però essere limati dando loro forma di monconi che sostengono le corone. L'aspetto finale è assolutamente uguale ai denti naturali con la differenza che tra un dente e l'altro non si può passare con il filo interdentale perché sono attaccati in un’unica struttura. Quindi un ponte è una protesi bloccata che si cementa in modo fisso e permanente ai denti rimasti sostituendo così il dente mancante.

Che cos’è invece l’impianto?

L'impianto è una vite di titanio che viene inserita nell'osso al posto della radice del dente che manca e supporta poi la corona. Il titanio è un metallo che viene accettato senza problemi dal nostro organismo, per questa ragione è il metallo che si usa anche in ortopedia per le protesi dell'anca e del ginocchio.

Il concetto biologico alla base del successo degli impianti, scoperto ormai da più di quarant'anni dal Professor Brånemark, si chiama ‘osteointegrazione’. Ed è il meccanismo per cui l'osso aderisce intimamente e tenacemente alla superficie di titanio dell'impianto dandole una stabilità tale da supportare le forze della masticazione. Questo legame avviene in circa due mesi. Trascorso questo periodo, dopo aver preso l'impronta, viene confezionata dall'odontotecnico una corona che è assolutamente uguale ad un dente naturale e che viene collegata all'impianto tramite una vite. Quest’ultima ci permette di rimuovere la corona per qualsiasi necessità di tipo tecnico, igienico o di controllo.

Gli impianti possono sostituire anche uno o più denti, fino a riabilitare un'arcata dentaria intera. In questo caso con quattro/sei impianti si è in grado di ricostruire un'arcata dentaria intera (12/14 denti) in modo fisso e del tutto simile ai denti naturali. Quindi addio alle dentiere e alle protesi mobili perché in questi casi gli impianti sono sicuramente più indicati come terapia rispetto alle protesi tradizionali.

Quali sono stati i progressi dell'implantologia dagli anni settanta ad oggi?

Sono state introdotte le superfici di titanio che permettono un’adesione migliore abbreviando i tempi di guarigione. Sono inoltre stati progettati componenti protesici che ci aiutano in situazioni di mancanza di osso e che danno sempre di più una forma e una funzione del tutto simile al dente naturale. Si producono impianti anche di dimensioni ridotte che hanno la stessa prognosi di quelli standard ma che ci aiutano molto in condizioni di mancanza di osso.

La mancanza di osso sufficiente a ricevere un impianto è uno degli aspetti dell' implantologia su cui la ricerca si è concentrata maggiormente negli ultimi anni. È per questa ragione che si registra una continua evoluzione nello studio delle nuove tecniche e dei meccanismi biologici coinvolti. La rigenerazione dell'osso è la sfida più grande che stiamo affrontando in questo ultimo decennio. Poter avere nuova sostanza su cui inserire gli impianti in zone dove si è perso l'osso a causa di infezioni o di traumi o di troppi anni trascorsi dalla perdita del dente. È quello a cui tendiamo oggi: poter utilizzare la terapia implantare in tutti i pazienti, in tutti le casistiche, cosa che nei primi anni di applicazione di questa tecnica non era possibile. Quindi gli impianti funzionano bene e si possono utilizzare quasi in tutti i casi di mancanza di denti.

Ma di cosa dobbiamo tener conto?

I denti si curano ed è sbagliato togliere un dente per mettere un impianto o fare un ponte. Nel caso in cui però il dente sia senza speranza, per sostituirlo, il trattamento deve essere valutato caso per caso.

 

È meglio fare un ponte o mettere un impianto?

Questa è una domanda che ci viene posta quotidianamente dai nostri pazienti. Questo perché, negli ultimi 10 anni, la comunità scientifica odontoiatrica ha incominciato un po' a ricredersi sui lati positivi dell’implantologia. È vero che non si limano i denti vicini, è vero che è come avere un dente proprio e che l'intervento è indolore ma è anche vero che non tutti gli impianti sono esenti da complicazioni.

È stato riscontrato che, nel tempo, gli impianti possono sviluppare qualche problema: infezioni, problemi collegati alle componenti meccaniche o alla protesi o perdita di integrazione. La prognosi di un impianto e quella di un ponte a distanza di 10 anni è circa la stessa e cioè molto buona (circa 90% di successo). Quindi il nostro primo approccio è quello di fare tutto il possibile per curare e mantenere i denti. Anche l'odontoiatria conservativa e protesica hanno fatto passi da gigante. Quando però il dente è senza speranza di recupero, noi dello Studio Loro restiamo propensi all'utilizzo degli impianti rispetto ai ponti e vi spieghiamo il perché.

 

L’approccio di qualità paga e cambia le statistiche.

Possiamo dire che, da una statistica interna al nostro studio, abbiamo circa un 98% di successo in vent'anni di terapia impiantare. Chiaramente questo dato ci conforta e ci spinge a continuare a proporre ai nostri pazienti questo tipo di trattamento. È chiaro che come in tutti i trattamenti odontoiatrici è importante che l'approccio sia il più possibile accurato e di qualità. Ed è proprio questo a fare la differenza nella statistica finale.

Se il processo è di qualità come materiali utilizzati, come tecnologie ma anche come professionalità, non c’è storia, l’implantologia è sempre la soluzione migliore. Non si limano i denti vicini ed è come avere un dente proprio, e ricordiamo, attualmente, l'intervento è indolore.